Alberto Capatti
Il punto di domanda ha una sua ragione nella ricetta che passa di mano in mano, di generazione in generazione, che può esser firmata da chiunque – così faccio io ! – e che lo storico antidata, sottraendola all’oggi. L’autore assomiglia a quello di un goal, ha un nome, una data, una squadra, eppure è il gioco con le sue regole, e i suoi falli, a gestire la partita, di cavolfiori, come vedremo. Cinquantanove ricette d’autore di Giorgio Bertelli e Meri Gorni (L’Obliquo, 2000) hanno il merito di porre il problema con 59 risposte diverse. Il chi-checosa è declinato con estrema libertà documentaria, compresa la provocazione di Alda Merini che comincia con “Prendete un’anima e mettetela in un corpo … ", un’anima e non un’animella, corpo e non carne …
per questa ragione abbiamo scelto la ricetta condivisa da due amiche, Fabia e Bea, che “ne mangiavano una quantità enorme”. Solo questo dovrebbe stuzzicarvi, tanto più che potete prendervi delle libertà, e farvi autrici, anima e corpo.
Pasta al cavolfiore
Per 4 persone
Un grande cavolfiore
10 filetti di acciughe
1 o 2 peperoncini rossi (a seconda se piace piccante)
Prezzemolo
Aglio
Olio
Parmigiano grattugiato
- g di pasta corta preferibilmente fusilli
- Bollire un grande pentolone di acqua salata
- Versare il cavofiore precedentemente diviso e la pasta e fare cuocere per il tempo necessario
- Scaldare olio, aglio, acciughe e peperoncino in una padella
- Tritare il prezzemolo
- Scolare la pasta e il cavolfiore
- Condire con il sugo di acciughe, prezzemolo e abbondate parmigiano.
Altri cuociono il cavolfiore a vapore e non tollerano l’aglio o il peperoncino, trovano che l’acciuga oggi è banale e che il pecorino pizzica di più… Lasciamoli .. Chi poi, ricordando il Cavolfiore all’uso di Romagna di Pellegrino Artusi lo cuoce a pezzetti nel battuto di prezzemolo, aglio e olio, e vi aggiunge la conserva di pomodoro, completando l’opera con parmigiano, rinuncia a dirsi l’autore.
Nella Commedia greca antica troviamo tante figure di cuochi che vantano le loro capacità. Spero di non annoiare i lettori di Alfagola riportando questo frammento di Macone, commediografo del III sec. a. C., che mette in scena un cuoco mentre espone i princìpi della sua arte culinaria:
«Io sono un buongustaio, e questo è il fondamento
della nostra arte. Chi non vuole rovinare
quel ben di Dio che gli viene affidato,
deve dedicargli tutto il suo amore.
Chi sta bene attento a quel che fa, non sarà mai un cattivo cuoco.
E poi, se i tuoi sensi saranno sani, non potrai sbagliare.
Cuoci e assaggia di tanto in tanto.
Manca il sale: aggiungine un po’; manca qualcos’altro:
assaggia ancora, finché la pietanza non sia buona.
Tendi le budella come fossero quelle di una lira da accordare.
E poi, quando tutto ti par che suoni in perfetto accordo,
porta in tavola questa armoniosa composizione di pietanze».