Il consumo di pane e di vino è andato calando, in Italia, dopo il boom economico, sia presso gli operai sia presso i piccoli borghesi, consumatori di fette imburrate. Dagli anni Settanta rinasce il companatico in forma di panino imbottito o gravido, e diventa un fast food. Il pane, prima, era fresco, raffermo, duro, secco, in tozzi, in seccherelli o in briciole, ed ognuna di queste declinazioni aveva una sua funzione in cucina, come abbiamo già indicato nella tiella pugliese.
Avevi del pane duro, cotto da molto tempo, e lo segavi a fette, le tuffavi nel latte, aggiungevi resti di salame e di salsiccia, croste o scaglie di formaggio, uovo battuto, infornavi e, in Sicilia, avevi il pani rinfurnato. Più sagace, la ricetta che vi presentiamo, non perché vi mettiate a dare la caccia alle briciole, o a tentare di sbriciolare il pane fresco, ma per capire il senso di un sistema alimentare che aveva un epicentro nutritivo multifunzionale e quando c’era la pasta, ed era giorno di festa, facevi appello a tutto, anche ai minuzzoli, a briciolette e bricioline. Il piacere risultava doppio, mentre oggi, invece di un recupero, abbiamo un accostamento inusitato.
A Siracusa si procedeva così:
Pasta ca muddica
Fare sfaldare 10 acciughe salate (pulite e spinate) in abbondante olio; ridurle in salsa omogenea e condire gli spaghetti. Sformaggiare abbondante mollica di pane grattuggiato fatta tostare in padella fino al colore “tonaca di monaco”. La pasta più adoperata è del tipo “tagghiarini”, tagliolini; ma vanno bene anche i comuni spaghetti.
Questa è una ricetta raccolta da Giuseppe Coria in Profumi dei Sicilia (Cavallotto, 1981). Anna Gosetti Della Salda vi aggiunge aglio, prezzemolo, peperoncino, indicando che ogni formula è aperta ad integrazioni scontate.
*Lo speciale ricettario estivo di alfa+più è a cura di Alberto Capatti
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