Eleonora Castagna
Due giorni interminabili ad Istanbul. La via dove abito, Kazanci yokusu, è ricolma di gente che scende e sale da ieri mattina, il 31 maggio, quando la protesta e l'occupazione del Gezi park si sono trasformate in una manifestazione nazionale contro la repressione del governo filoislamico del primo ministro Erdogan.
È buffo per me pensare che solo qualche giorno fa, un noto programma d'informazione politica in Italia ha mandato in onda un servizio intitolato “Rinascimento turco” parlando della Turchia come un paese ricco, moderno e all'avanguardia per quanto riguarda i metodi di tassazione. Dopo aver vissuto sei mesi qui ad Istanbul, grazie alla partecipazione al programma Erasmus, mi rendo conto che le informazioni che arrivano in Europa circa la situazione turca sono davvero sporadiche e mal interpretate, questa protesta enorme e trasversale ne è la prova. Il paese è stanco di subire una falsa democrazia: i cori più forti in questi giorni parlano di dittatura, di “fascismo dal quale non si torna indietro”.
La pesante repressione delle forze dell'ordine è una manifestazione più che evidente del modo in cui Erdogan sta governando il paese. Una violenza inaudita si è scatenata verso i manifestanti pacifici: sono stati usati lacrimogeni gettati a distanza ravvicinatissima e idranti sparati in pieno volto contro persone inermi. L'enorme massa di gente che si sta mobilitando in tutta la città è fautrice anche dell'informazione che circola solo tramite i social network, blog e siti internet. Le televisioni nazionali non trasmettono quasi nulla, e il governo sta cercando di bloccare anche le reti informatiche per evitare che trapelino ulteriori notizie.

Le forze dell'ordine hanno richiesto anche il blocco dei mezzi di trasporto pubblico: le metro, gli autobus e le linee tranviarie sono bloccate da questa mattina. Ma il popolo turco non si ferma: stamattina una folla enorme si è diretta dalla sponda asiatica a quella europea passando per il primo ponte sullo stretto del Bosforo, quello di Ortakoy: il traffico automobilistico è stato bloccato e il passaggio sopra il mare si è riempito di gente intenzionata ad arrivare a tutti i costi a piazza Taksim per dare supporto ai primi manifestanti che si sono mobilitati già ieri.
Qui adesso sono le sei del pomeriggio e poco fa la polizia pare essersi ritirata dalla piazza. Alcuni amici turchi qui parlano di retrocessione strategica perchè ora il posto è pieno di giornalisti stranieri che potrebbero denunciare gli attacchi feroci che violano i diritti umani. Ora non ci resta che aspettare sperando il presidente Erdogan decida di abbandonare la linea del pugno di ferro e sia pronto a ritrattare per lo meno circa i progetti di distruzione del Gezi park che è destinato a diventare un cantiere su cui verrà costruito un centro commerciale e una moderna moschea.
Questa è la vera Istanbul e io, personalmente, più che di un Rinascimento economico parlerei di Rinascita mentale di un popolo consapevole di aver perso molti diritti che vuole riacquistare al più presto, a qualsiasi costo.
Un video mostra il lancio di lacrimogeni sui manifestanti a Istanbul, da giorni teatro di scontri. Ce lo manda una studentessa italiana. Guardalo su http://www.ilfeedback.it
https://www.alfabeta2.it/2013/06/01/la-rinascita-turca/
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Taksim: centinaia di feriti, 1000 arresti
Dura repressione delle proteste cominciate per l’annunciata distruzione del parco Gezi e che si sono trasformate in una rivolta contro Erdogan
sabato 1 giugno 2013
E’ stato un giorno di scontri durissimi a Istanbul, dove in decine di migliaia hanno protestato contro la decisione del governo Erdogan di procedere con il piano che devastera’ un’area verde e storica della citta’. Ma le proteste si sono estese presto ad altre citta’ fino a diventare una vera e propria rivolta contro il regime islamista. Il seguente articolo racconta le ragioni della protesta.
di Sara Datturi
Istanbul, 1 giugno 2013, Nena News – Indignazione: forte, contratta… infinita. Di quelle che ti fanno stringere lo stomaco, serrare I denti e trattenere il fiato. Istanbul, una megacity che continua il suo slancio economico verso un profitto fittizio, offuscato, malato. Le conseguenze di questo neo liberalismo sfrenato si riversano su tutta la cittadinanza: orari di lavoro interminabili, spazi verdi riconvertiti in super centri commerciali, urban gentrification, ineuguaglianza.
Lo slogan principale è arricchirsi, lavorare per comprare una nuova casa, nuovi vestiti, una macchina.. ma a quale prezzo?
Cultura, identità, storia, religione.. intrecciate e ritrasformate. Un parco, quello di Taksim, diventa il simbolo di un malcontento che da troppo tempo pizzica silenzioso ma presente i cuori accoglienti di queste donne e uomini Turchi. Un parco che un governo che si definisce democratico, aperto al progresso e “attento ai problemi sociali” vuole distruggere, ritrasformare, vendere.
Tre giorni fa quando le ruspe hanno cercato di distruggere i primi alberi ecco che i primi attivisti, donne, bambini, anziani sono accorsi per dire NO, per gridare BASTA a questo tipo di politiche orientate al profitto di pochi. Troppo silenzio e accettazione passiva.. ora YETERLI! (basta).
Troppi distretti di Istanbul sono e stanno cambiando, sono assediati dai nuovi progetti di trasformazione urbana promossi dal governo, che li ha giustificati utilizzando discorsi quali il rischio di terremoti, la riduzione del crimine e della sporcizia, in nome di un nuovo benessere. Alcuni distretti come quello di Tarbalasi (zone appena vicino il centro di Taksim), un quartiere Greco, armeno e ordotosso dove negli anni 70 ed 80 si sono traferiti Turchi provenienti dal Sud-est, e negli ultimi anni migranti africani sta vivendo questo dramma.
Quest’area è stata soggetta a scontri periodici da parte degli abitanti perché definita e scelta come area da rinnovare, ritrasformare, distruggere. Distruzione non solo degli edifici, ma allontanamento forzato di una comunità con una cultura e tradizioni forti, vive, colorate.. piene di vita e di memoria storica che si intrecciano e coesistono con i valori di un progresso finto in cui tanti di loro non si riconoscono.
Come Tarbalasi , esistono tante altre aree che stanno aspettando di essere cambiare, rinnovate, annullate in nome di grandi spazi residenziali con piscine e palazzoni da 12 piani. Uno spazio urbano che cambia, una società che chiede di partecipare, di essere interpellata in questo processo. Niente di tutto questo, questo governo così bravo nelle public relations da attirare investitori locali e stranieri non accetta deroghe, cambiamenti, comunicazione con i suoi abitanti. Il padre della patria ha deciso, e non si torna più indietro.
Punto e a capo. L’altro ieri questo ingranaggio distorto e malato si è inceppato, tanti granellini di sabbia l’hanno inceppato, hanno detto NO. Tanta gente di tutte le età si è ritrovata in questo parco con i sui pioppi settantenni per gridare, ballare, riprendersi lo spazio pubblico di una città che nel giro di dieci anni è diventata la vetrina di troppe multinazionali. Sogni, progetti, vita.. musica, striscioni, slogan.. occhi di giovani e di anziani che si legano indissolubilmente alla storia di una Turchia così complessa, nostalgica e forte.
La cultura del relax in questi giorni si è trasformata in resistenza. Una guerriglia urbana è in corso nella zona del parco di Taksim, nella piazza centrale e nella strada principale Istiklal. La polizia ha avuto ordini di reprimere, sopprimere, impastare e distruggere questo granello di sabbia. La reazione della polizia è folle, criminale, completamente disumana. Stanno utilizzando gas lacrimogeni come caramelle, getti di acqua grigia e manganelli per disperdere ed impaurire la gente, per violentare ogni germe di ribellione. Colpiscono tutti: anziani, turisti, attivisti, bambini.. ogni elemento che si trovano di fronte. Sono il frutto di un lavaggio del cervello sottile e strategico. Li guardo: hanno visi giovani, occhi spenti ma convinti… mi chiedo quale siano le loro storie, quali decisioni ed esperienze li abbiamo portati a combattere per distruggere, colpire al cuore la forza della “loro “gente. Forse non hanno avuto scelta. Un lavoro prima di tutto e poi il resto non conta. Ma è davvero così? Tante domande scorrono nella mia testa.. memorie di lotte passate in Italia, Europa e Palestina. Tanti granelli.. tanti castelli di sabbia che sono nati e lottano instancabili contro le onde di questo sistema contradditorio e luccicante, che promette di “avere” e dimentica la dimensione innata umana dell’ “essere”.
Il 30 maggio 2013, 10,000 persone si sono ritrovate nel parco di Taskim per gridare NO. La pentola a pressione è scoppiata. La repressione violenta della polizia di queste notti nei confronti degli attivisti rimasti nel parco ha riportato e riattivato la popolazione. Il risultato è stato la guerriglia urbana di oggi, diventata tale, dopo che la polizia ha attaccato con centinaia di gas lacrimogeni, manganelli e gettate di acqua grigia ogni abitante arrivato in piazza per dimostrare indignazione, il diritto a riprendersi la città, a chiedere in modo legittimo di ripensare e cambiare questo spazio urbano sociale.
Gli scontri sono ancora in atto al momento… ieri sera era prevista un’altra manifestazione alle 7. Il sistema si è inceppato, tanta gente che era rimasta nel dormiveglia, intrappolata in questo castello di vetro del progresso sta germogliando e ascoltando il suo lato umano.. l’individualismo è stato rinchiuso in nome di una solidarietà pronta a combattere, resistere per decidere come vuole e se vuole essere cambiata. Il granello è nato, è stato lanciato… Ancora una volta questa giungla umana sta riscrivendo la sua storia. E io ho deciso di esserne parte. Nena News
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La mia cara amica Eleonara ci descrive così la situazione:
Rinascita turca
di Eleonora Castagna
Due giorni interminabili ad Istanbul. La via dove abito, Kazanci yokusu, è ricolma di gente che scende e sale da ieri mattina, il 31 maggio, quando la protesta e l’occupazione del Gezi park si sono trasformate in una manifestazione nazionale contro la repressione del governo filoislamico del primo ministro Erdogan.
È buffo per me pensare che solo qualche giorno fa, un noto programma d’informazione politica in Italia ha mandato in onda un servizio intitolato “Rinascimento turco” parlando della Turchia come un paese ricco, moderno e all’avanguardia per quanto riguarda i metodi di tassazione. Dopo aver vissuto sei mesi qui ad Istanbul, grazie alla partecipazione al programma Erasmus, mi rendo conto che le informazioni che arrivano in Europa circa la situazione turca sono davvero sporadiche e mal interpretate, questa protesta enorme e trasversale ne è la prova. Il paese è stanco di subire una falsa democrazia: i cori più forti in questi giorni parlano di dittatura, di “fascismo dal quale non si torna indietro”.
La pesante repressione delle forze dell’ordine è una manifestazione più che evidente del modo in cui Erdogan sta governando il paese. Una violenza inaudita si è scatenata verso i manifestanti pacifici: sono stati usati lacrimogeni gettati a distanza ravvicinatissima e idranti sparati in pieno volto contro persone inermi. L’enorme massa di gente che si sta mobilitando in tutta la città è fautrice anche dell’informazione che circola solo tramite i social network, blog e siti internet. Le televisioni nazionali non trasmettono quasi nulla, e il governo sta cercando di bloccare anche le reti informatiche per evitare che trapelino ulteriori notizie.
Le forze dell’ordine hanno richiesto anche il blocco dei mezzi di trasporto pubblico: le metro, gli autobus e le linee tranviarie sono bloccate da questa mattina. Ma il popolo turco non si ferma: stamattina una folla enorme si è diretta dalla sponda asiatica a quella europea passando per il primo ponte sullo stretto del Bosforo, quello di Ortakoy: il traffico automobilistico è stato bloccato e il passaggio sopra il mare si è riempito di gente intenzionata ad arrivare a tutti i costi a piazza Taksim per dare supporto ai primi manifestanti che si sono mobilitati già ieri.
Qui adesso sono le sei del pomeriggio e poco fa la polizia pare essersi ritirata dalla piazza. Alcuni amici turchi qui parlano di retrocessione strategica perchè ora il posto è pieno di giornalisti stranieri che potrebbero denunciare gli attacchi feroci che violano i diritti umani. Ora non ci resta che aspettare sperando il presidente Erdogan decida di abbandonare la linea del pugno di ferro e sia pronto a ritrattare per lo meno circa i progetti di distruzione del Gezi park che è destinato a diventare un cantiere su cui verrà costruito un centro commerciale e una moderna moschea.
Questa è la vera Istanbul e io, personalmente, più che di un Rinascimento economico parlerei di Rinascita mentale di un popolo consapevole di aver perso molti diritti che vuole riacquistare al più presto, a qualsiasi costo.
fonte: https://www.alfabeta2.it/2013/06/01/rinascita-turca/
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