Giorgio Mascitelli
Secondo quanto scrive Paul Krugman sul «Sole 24 Ore»,
il vicepresidente della Commissione europea Olli Rehn avrebbe scritto una lettera ai ministri delle Finanze dei paesi membri invitandoli a cessare di diffondere studi economici che evidenziano i danni delle politiche europee di austerity in quanto questi studi «compromettono la fiducia nel rigore».
Si tratta di un dettaglio interessante perché rende bene il clima di una situazione anche per chi, come me, non è un esperto di economia. Infatti la lettera di Rehn rientra in quel genere di provvedimenti nella gestione dell’informazione, tipici dei tempi di guerra, che servono a mantenere alto il morale della popolazione, specie se la guerra non sta andando secondo le aspettative.
D’altronde, dal punto di vista della psicologia di massa, il comportamento di Rehn è perfettamente comprensibile, e anzi, visto che nel descrivere la crisi va di moda la metafora epidemica del contagio, ricorda decisamente le preoccupazioni e le priorità delle autorità che gestirono la peste di Milano di manzoniana memoria, favorendo la diffusione della malattia. Del resto, più il timore cresce, meno i tecnici di Bruxelles e Francoforte hanno facilità di effettuare le loro procedure, così come i governatori spagnoli venivano disturbati nelle operazioni belliche nel Monferrato dalle voci di pestilenza.
Si sa che la fiducia è un asset importante nell’economia, e anzi non c’è attività in questo campo che possa andare a buon fine senza questo psicologico bene primario, anche se c’è da restare interdetti a fronte di questa centralità di una categoria psicologica perché il discorso dominante aveva spiegato che l’economia è una scienza ormai prossima al nucleo delle scienze dure, e come tale dovrebbe essere indifferente alle ciclotimie della psiche umana. Infatti la tetraciclina guarisce dalla peste, quella organica, anche il paziente che non ha fiducia nei suoi effetti benefici.
L’invito di Rehn a trascurare gli studi critici sulle politiche restrittive richiama poi una dimensione molto tradizionale del rapporto tra verità e potere, quella in cui la verità coincide con tutto quanto stabilito da chi ha il potere per stabilirlo, per parafrasare una vecchia canzone degli Area. Insomma, dopo tanti anni di soft power, società liquida e complessità, ecco che riemerge qualcosa di molto solido e tradizionale, qualcosa che sarebbe stato molto chiaro anche a un governatore del Seicento.
Se poi leggiamo prese di posizione come quelle di Rehn alla luce delle notizie provenienti dall’Ungheria (una riforma costituzionale che di fatto porta il paese fuori dall’alveo della democrazia), la coazione a ripetere dei tecnocrati di Bruxelles e Francoforte diventa sbalorditiva. E il loro modo di lottare contro il contagio della crisi ricorda drammaticamente quello delle autorità seicentesche: non sapendo queste come comportarsi di fronte ai primi segni inequivocabili di peste, organizzarono una grande processione di tutta la popolazione milanese dietro le reliquie di San Carlo, che fu il grande detonatore dell’epidemia.
Dal n.28 di alfabeta2, in questi giorni nelle edicole, in libreria e in versione digitale
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